Interno sera. Il figlio, seduto alla sua scrivania illuminata a giorno (tanto non paga lui), mento mollemente adagiato sul braccio sfoglia svogliato il libro di scienze, su e giù… come a cercare qualcosa che non c’è. Il padre entra, saluta e fa la sua ricognizione a volo sulle consegne del giorno
P: Come va?
F: Bene…
P: Fatto compiti?
F: Quasi…
P: Che manca?
F: Scienze…
P: Ancora? A quest’ora? Come mai?
F: Ho pensato una cosa…
P: (già presumendo una richiesta di giustifica) Avanti, dimmi…
P: Una cosa strana…
P: Dilla!
F: (tutto d’un fiato, riprendendosi dal languore) Secondo me la scienza può essere che è tutta una scemenza!
P: Che vuol dire?
F: Che cos’è la scienza?
P: Dimmelo tu, cos’è la scienza?
F: La scienza è conoscere le cose…
P: Va be’, è un po’ generica come definizione… e allora?
F: … ma se tu conosci una cosa, è perché prima ne hai conosciuta un’altra…
P: e allora?
F: e prima di quell’altra, ne hai conosciuta un’altra ancora…
P: e quindi?
F: … e prima di quell’altra ancora, un’altra un’altra ancora…
P: Va bene è chiaro il concetto, dove vuoi arrivare?
F: … e se la prima cosa conosciuta è una scemenza, la prima prima prima, succede che anche quelle che vengono dopo sono scemenze…
La vfc di Madre annuncia dalla cucina: ...è pronto... venite a mangiare...
F: Ti sembra una cosa scema quella che ho detto?
P: (…)
F: Si, eh?
P: … che devo scrivere sulla giustifica?
F: che vuoi scrivere… non voglio giustifica. Non mi piace giustificarmi.
La vfc di Madre rincalza da lontano: ...venite o no?!...
Buio.
Max Maraviglia, Operette filiali.